Per salvare l’Inpgi serve l’impegno di tutti: i giornalisti lo hanno dichiarato. Ora lo facciano anche editori e Governo

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Il salvataggio dell’Inpgi, un ente fondamentale per salvaguardare l’indipendenza dei giornalisti italiani, oltre che le loro pensioni, è un obiettivo fondamentale per la categoria. Ma a questo risultato non possono e non devono contribuire solo i giornalisti e l’ente stesso. Serve immediatamente il contribuito del Governo e degli editori.

Mercoledì il Consiglio di amministrazione Inpgi ha annunciato di essere pronto ad adottare alcuni sacrifici indirizzati al riequilibrio dei conti, condizionandoli alla formalizzazione da parte del Governo dell’impegno adeguato a garantire la sostenibilità dell’ente per il futuro. Quali interventi deve garantire il Governo? Prima di tutto l’ingresso dei “comunicatori” nel perimetro previdenziale dell’Inpgi. Peraltro si tratta solo di un’anticipazione temporanea visto come l’ingresso sia già previsto per legge a partire dal 2023. Il loro ingresso darà da subito solidità alla base contributiva dell’ente e garantirà in futuro il sistema pensionistico dell’intero sistema.

Se, e solo se il Governo assumerà questa decisione, il Cda dell’Inpgi è pronto a introdurre alcuni sacrifici riassunti in 5 punti:

1) introduzione per 5 anni di un contributo straordinario, pari all’1%, a carico dei giornalisti attivi (nella formula di una maggiore contribuzione previdenziale) e pensionati;

2) rimodulazione del limite di reddito cumulabile con la pensione, adottando la soglia di 5.000 euro annui;

3) sospensione delle prestazioni facoltative (superinvalidità, case di riposo, sussidi);

4) introduzione di abbattimenti percentuali per le pensioni di anzianità liquidate con requisiti inferiori a quelli stabiliti dalla legge Fornero nella misura di 0,25% al mese. Ad esclusione di quanti rientrano nella legge 416;

5) riduzione dei costi di struttura ameno del 5% e per quanto riguarda i costi degli Organi collegiali, del 10%.

All’appello ora mancano gli editori.

A loro che in questi anni hanno drenato a man bassa risorse dal nostro ente di previdenza, approfittando delle leggi nazionali che hanno permesso loro di finanziare stati di crisi con centinaia di prepensionamenti, va chiesto con forza lo stesso impegno che la categoria, ancora una volta, sta dimostrando.

Per Stampa Democratica, il piano, per essere davvero “socialmente compatibile” deve prevedere un aumento della contribuzione di egual misura a carico degli editori. Le aziende, così come i giornalisti attivi e i pensionati, devono versare il “contributo di solidarietà”. Anche con il riconoscimento da parte Governo della fiscalizzazione del punto percentuale in aumento a carico degli editori. Oppure Fieg preveda un incremento automatico di egual misura delle retribuzioni contrattuali dei giornalisti.

Infine, Governo ed editori vanno incalzati affinché il lavoro giornalistico torni ad essere centrale nelle dinamiche future del settore.

Per Stampa Democratica è prioritario, entro tempi brevi, modificare la Legge 416 dei prepensionamenti al settore, introducendo il vincolo di un’assunzione ogni prepensionamento concesso. D’altra parte, l’informazione di qualità non può essere garantita se le redazioni vengono ridotte all’osso. E in ogni caso, un ingresso per ogni uscita rappresenta un risparmio importante per le aziende le quali, mantenendo invariati i livelli occupazionali, con questo ricambio generazionale vedrebbero comunque ridursi il costo del lavoro complessivo.

Da subito, invece, e a “costo zero per tutti”, chiediamo che il Governo attesti l’interpretazione che le assunzioni da effettuare anche secondo le regole attuali (un ingresso ogni due uscite) debbano riguardare in via esclusiva personale giornalistico.

Ecco la nota che i consiglieri di maggioranza dell’Inpgi hanno concordato al termine del CdA Inpgi:

“Il Cda dell’Inpgi è pronto ad adottare alcune misure eque e socialmente sostenibili volte al riequilibrio dei conti se, unitamente, in un percorso condiviso, il Governo adotterà misure strutturali per la salvaguardia dell’Inpgi. La strada per salvare le pensioni e l’autonomia dei giornalisti italiani non può che passare dall’anticipo della misura contenuta nell’art 16 quinquies del DL 34/2019 (Decreto crescita) che prevede, dal 2023, il passaggio all’Inpgi di quanti lavorano a vario titolo nell’ambito dell’informazione e della comunicazione.

Come maggioranza lo abbiamo sempre sostenuto, dati alla mano: perché è la soluzione che meglio fotografa l’andamento della nostra professione (che ha visto diversi colleghi «migrare» dal settore giornalistico a quello contiguo della comunicazione) e perché è l’unica misura strutturale che può controbilanciare la perdita dei rapporti di lavoro e lo squilibrio dell’ente (che oggi conta circa 14 mila attivi e 10 mila pensionati).

Lo stesso Decreto crescita (così come il Dlgs 509 del 1994 che ha privatizzato l’Inpgi) ci impone anche di adottare provvedimenti che assicurino l’equilibrio di bilancio. Un obiettivo non raggiunto, nonostante importanti riforme approvate negli anni, a causa di una crisi di settore senza precedenti. Al fine di scongiurare il commissariamento dell’Ente, con le inevitabili ricadute negative sul nostro welfare, riteniamo necessario impegnarci a sostenere il processo di allargamento della platea degli iscritti con interventi presi in autonomia dal Cda. Misure eque e socialmente sostenibili che solo unitamente all’azione di governo, potranno scongiurare tagli lineari, dolorosi e inutili. 

Per questo il Cda, a maggioranza, ha deciso di esprimere parere favorevole alla fattibilità di alcune misure:

1) l’introduzione per 5 anni di un contributo straordinario, pari all’1%, a carico dei giornalisti attivi (nella formula di una maggiore contribuzione previdenziale) e pensionati ;

2) la rimodulazione del limite di reddito cumulabile con la pensione, adottando la soglia di 5.000 euro annui;


3) la sospensione delle prestazioni facoltative (superinvalidità, case di riposo, sussidi);

4) l’introduzione di abbattimenti percentuali per le pensioni di anzianità liquidate con requisiti inferiori a quelli stabiliti dalla legge Fornero nella misura di 0,25% al mese. Ad esclusione di quanti rientrano nella legge 416;

5) la riduzione dei costi di struttura in misura pari almeno al 5% e per quanto riguarda i costi degli Organi collegiali, del 10%.

A questo punto chiediamo che tutti i soggetti in campo facciano la propria parte, a partire dal Governo con il quale è in corso un tavolo di confronto.

I consiglieri d’amministrazione dell’Inpgi

Domenico Affinito, Ida Baldi, Giuseppe Gulletta vicepresidente, Massimo Marciano, Giuseppe Marzano, Claudio Scarinzi, Massimo Zennaro”