Niente giochi al ribasso sul Contratto

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di Francesco Cerisano candidato professionale al consiglio ALG e al Congresso FNSI

L’ultimo Contratto nazionale di lavoro giornalistico, sottoscritto tra Fieg e Fnsi, è scaduto il 31 marzo 2016. Sei anni fa. Sei anni che rappresentano un’era geologica se si pensa a quanto il lavoro giornalistico sia cambiato in questo periodo di tempo, con una spinta sempre maggiore verso il digitale che ha favorito l’emersione di nuove figure professionali, bisognose di una “copertura” normativa se non le si vuole lasciare, come accade oggi, alla giunga contrattuale.

Il Covid, poi, ha cambiato profondamente il modo di lavorare nelle redazioni. Lo smart working (ma sarebbe più corretto chiamare quello realizzato in pandemia telelavoro) ha garantito la continuità editoriale e aziendale e convinto editori e giornalisti che un altro modello di lavoro giornalistico è possibile. Un modello di lavoro che non sia necessariamente realizzato all’interno delle redazioni.

Su tutto questo il Contratto del 2016 tace, semplicemente perché quando è stato scritto nulla di tutto quanto accaduto era anche solo lontanamente immaginabile.

Francesco Cerisano

I Ccnl recentemente sottoscritti nella pubblica amministrazione (ministeri, enti locali, sanità) sono più avanti anni luce e hanno tutti recentemente regolamentato il lavoro a distanza nella duplice forma del lavoro agile (previsto dalla legge 81/2017) e da remoto.

Lasciata alle spalle la fase acuta del Covid, ci si interroga ora nelle redazioni su quanto e in che termini mettere a frutto l’insegnamento della pandemia. Perché indietro non si può tornare e non si può pensare di cancellare con un colpo di spugna un’esperienza come quella dello smart working che si è rivelata produttiva, efficiente ed economicamente vantaggiosa per i lavoratori e per le aziende. Insomma, una win-win situation, come direbbero gli anglosassoni, che sarebbe miope e autolesionista per gli editori pretendere di rottamare.

Lo smart working è uno dei tanti terreni su cui si sta compiendo il gioco al ribasso degli editori. Un gioco subdolo, quasi ricattatorio, alimentato dalla crisi dell’editoria e che potrebbe così riassumersi: avete uno stipendio, un computer da accendere la mattina, scordatevi di pretendere altro. Quasi che pretendere una migliore conciliazione vita-lavoro o lo svolgimento di corsi di formazione e aggiornamento professionale o, ancora, l’esatta applicazione del Cnlg su mansioni e qualifiche fossero richieste astruse e non invece il “minimo sindacale”.

Sono sempre più numerose le segnalazioni dei cdr su condotte aziendali estremamente lesive del Contratto di lavoro in essere. Le rappresentanze sindacali aziendali chiedono da mesi interventi per migliorare la qualità della vita dei lavoratori. Una qualità della vita che non passa solo dal lavoro agile ma che, per esempio, non può prescindere dal rafforzamento di redazioni e/o servizi in carenza di organico da anni o dal riconoscimento delle mansioni effettivamente svolte. Lavorare in redazioni sottostaffate, spesso svolgendo da redattori ordinari compiti propri di un caporedattore o di un caposervizio, senza la minima prospettiva di incentivi, premi di produzione (un istituto, quest’ultimo uscito dai radar delle redazioni da almeno 10 anni, nonostante l’ultima Manovra di bilancio punti a dimezzare dal 10 al 5% l’aliquota di tassazione) o incrementi stipendiali che non siano gli scatti di anzianità, senza aggiornamento professionale o investimenti sul capitale umano, significa violare ogni giorno il contratto di lavoro.

Il Contratto infatti non si attacca solo licenziando, tagliando, applicando ammortizzatori sociali in assenza di presupposti di legge, non assumendo, non regolarizzando figure apparentemente inquadrate come collaboratori autonomi ma subordinate di fatto (in quanto eterodirette). Queste, certo, sono le violazioni più palesi e macroscopiche del Contratto e attengono alla patologia del rapporto di lavoro giornalistico.

Ma la vita di tutti i giorni nelle redazioni è disseminata da tante violazioni contrattuali. Meno evidenti, perché attengono alla fisiologia del rapporto di lavoro, ma non per questo meno gravi. Diciamolo chiaramente: non aver applicato ammortizzatori sociali, non aver ridotto gli stipendi, non aver ridotto gli organici non può rappresentare un salvacondotto per scriminare, per legittimare una disapplicazione di fatto del Contratto in essere.

Finché c’è questo contratto, seppur vetusto, seppur inadeguato, applichiamolo. In un costante dialogo con i cdr, i rappresentanti di Stampa democratica nel direttivo dell’Associazione lombarda giornalisti e i delegati al prossimo congresso della Fnsi, assicureranno sul punto tolleranza zero. Perché questo gioco al ribasso sta depauperando la professionalità dei colleghi e sta realizzando il disegno, nemmeno tanto velato, degli editori: precarizzare e proletarizzare il lavoro giornalistico, trasformando professionalità infungibili in meri esecutori materiali fungibili. E quindi mal pagati e mal formati. Noi non dovremo permetterlo. Per questo abbiamo bisogno del tuo voto e del tuo sostegno.