No ai licenziamenti liberi, sì all’assunzione “facile”

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di Claudio Scarinzi candidato professionale al consiglio ALG e al Congresso FNSI

Può sembrare strano – soprattutto ai più giovani – ma il precariato è sempre stata una caratteristica del settore giornalistico così come tradizionalmente delle professioni definite liberali: già negli anni ‘80 il lavoro non regolamentato nella categoria era molto superiore a quello di operai e impiegati. Si pensava infatti che colletti bianche e soprattutto tute blu non avrebbero mai accettato condizioni pesanti di lavoro e retribuzioni basse a meno di non avere una rapida stabilizzazione.

Claudio Scarinzi

E’ invece successo esattamente il contrario: tutto il mondo del lavoro è stato precarizzato a ogni livello. E la legge ha reso molto difficile difendere i lavoratori e, ovviamente, anche i giornalisti. Le pessime norme che si sono susseguite sono i contratti di formazione – già dal 1985 – quindi il Pacchetto Treu, la Legge 30 (conosciuta anche come Biagi), il Collegato Lavoro, la liberalizzazione dei contratti a termine, la Legge Fornero sul lavoro (da non confondere con l’altrettanta pessima Legge Fornero sulle pensioni) del 2012 e il Jobs Act nel 2014. In pratica chi viene assunto in maniera subordinata a partire dal 2014 può essere licenziato liberamente con una indennità monetaria; per i dipendenti assunti prima a causa della Legge Fornero chiunque può essere licenziato individualmente per giustificato motivo oggettivo o per motivi economici (cioè l’abolizione del posto di lavoro): la regola esisteva anche prima, solo che prevedeva il reintegro in caso di interruzione del rapporto illegittimo. Il risultato sono circa 20 mila licenziamenti l’anno.

Pacchetto Treu, Legge Biagi e Collegato lavoro invece consentono, dando loro una sorta di copertura legale, di contrattualizzare lavoratori di fatto dipendenti con forme autonome o para-subordinate: co.coco., co.pro, collaboratori occasionali e così via. O ancora di non riconoscere ai lavoratori in caso di successo in una causa di lavoro di rivendicare un pieno risarcimento per tutti gli anni di precariato irregolare. Soprattutto chi fa causa ormai ha poche speranze di vincere, mentre una volta era la regola.

Perché parliamo di questo? Perché senza un quadro legislativo che riconosca e tuteli i diritti dei lavoratori non è possibile difendere le migliaia di giovani e meno giovani che garantiscono una informazione di qualità e puntuale pagati male e a rischio disoccupazione se alzano un minimo la testa.

Tutti i lavoratori vanno tutelati, ma avere dei giornalisti ricattabili distorce il principio stesso della democrazia. Bisogna opporsi a queste leggi e tornare alle regole di una volta: tre mesi di prova quando si viene assunti, eliminare i licenziamenti facili, e rigide regole per il lavoro a tempo determinato e autonomo in modo da favorire le assunzioni e consentendo che in caso di violazioni, così come in passato, il giudice sentenzi che il lavoratore va assunto a tempo indeterminato.

Di “facile” ci deve essere solo l’assunzione.