Grillo non è la rete, e la rete non è Grillo

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di Marco Volpati

beppe_grillooQuesta rissa su bufale in rete e “notizie false” nei giornali è solo bassa cucina politica. Nasce perché, in Italia come altrove, si è cominciato a chiedere che gli aggregatori e i social – Facebook, Twitter e Google soprattutto – si responsabilizzino per i contenuti di ciò che viene postato.

“Ambizioso programma”, avrebbe detto il generale De Gaulle, che così rispose a chi invocava “morte ai coglioni!”.

Nell’immediato retroterra di questa disputa inutile ci sono analisi – giuste o sbagliate chi lo sa, certo discutibili, – secondo cui i “populismi”, come quelli di Grillo e di Trump, si alimentano di “bufale” diffuse ad arte nel web per sollevare indignazione tra i cittadini e rabbia verso chi guida i governi.

Ed ecco che Grillo rivolta l’accusa: non è la rete che mente imbrogliando l’opinione pubblica; sono giornali e telegiornali che dicono il falso per difendere chi è al potere. Dunque non sono i post in rete da sottoporre all’esame di veridicità, ma i giornali da passare al vaglio di una giuria popolare. In politica, come in guerra, si combatte senza esclusione di colpi. Però Grillo, attribuendosi il compito di difensore di tutta la rete, butta tutto in caciara. Ebbene no: la rete è molto di più e di diverso da Grillo, e anche da Trump.

E’ un enorme bacino mondiale di comunicazione; dentro c’è il bello e il brutto, il bene e il male; ci sono anche il crimine e il terrorismo. Non ha senso dire che la rete diffonde la verità e i giornali le bugie. Anche l’inverso sarebbe difficile da sostenere: come fare di ogni erba un fascio.

Giornali e giornalisti hanno statuti – scritti e non scritti – che impongono di dire il vero, se lo si conosce; e di correggere gli errori. Nei paesi liberi sui giornali sono rare le notizie false (qualcuna sì, ma è facile smascherarla); ce ne sono semmai di sbagliate, e quelle bisogna correggerle.

Statuti di questo genere la rete non ne ha. Anche perché è giovane: un paio di decenni contro quasi quattro secoli di giornalismo. Ma sono problemi troppo seri per finire tritati dalla propaganda di partiti e movimenti; tanto più che anche quelli nuovi usano metodi e logiche vecchie di millenni.