La crisi vista dallo sportello dell’ALG

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La crisi vista allo sportello dell’Associazione Lombarda Giornalisti ha facce diverse, diversi aspetti e protagonisti diversi, ma anche diversi tratti comuni.

La fisionomia più consueta è quella di giovani bravi, professionali, onesti, quasi sempre precari endemici, alle prese con promesse non mantenute, pagamenti non avvenuti, datori di lavoro finiti male.

di Massimo Borgomaneri – Cdr Universo, assistenza sindacale Alg

La crisi vista allo sportello dell’Associazione Lombarda Giornalisti ha facce diverse, diversi aspetti e protagonisti diversi, ma anche diversi tratti comuni.

La fisionomia più consueta è quella di giovani bravi, professionali, onesti, quasi sempre precari endemici, alle prese con promesse non mantenute, pagamenti non avvenuti, datori di lavoro finiti male.

Giovani onesti e formidabili nel districarsi tra le maglie della Rete ma spesso ingenui, non informati sui propri diritti, sovente incapaci di distinguere tra Ordine e Sindacato, tra un contratto serio e una bufala e dunque facilmente tratti in inganno o disinformati da datori di lavoro non di rado privi di scrupoli pur di compensare, sottopagando duramente il lavoro, la drastica riduzione della raccolta pubblicitaria.

La crisi ha avuto ad esempio il viso sveglio, simpatico e volitivo della giovane collega di un settimanale di informazione della Lombardia profonda, piuttosto ben messo tra vendita e spazi di pubblicità. La collega percepiva da vari anni 500-600 euro al mese a ritenuta d’acconto per curare 6-8 pagine di cronaca locale a numero. Lavoro, un tempo, per almeno un paio di articoli 12.  Lei rivendicava il «tesserino», ovvero la tessera di pubblicista (almeno quello!) che l’Azienda le sconsigliava di fare perché altrimenti «le sarebbe costato circa 200 euro al mese».

Sfatata la – diciamo – leggenda, la collega ha raggiunto l’obiettivo e, data la capacità professionale si è sistemata un po’ meglio con altri editori.

Ma la crisi ha avuto anche il volto, più rugoso e navigato, del giornalista di un periodico sportivo di settore che, venuto a a chiedere consiglio su come muoversi rispetto a un riassetto aziendali non ufficializzato, ammetteva di essere considerato dall’editore “direttore” di testata pur avendo qualifica e busta paga vari gradini più in basso. E il direttore responsabile? L’editore stesso.

E a questo proposito i colleghi di una casa editrice multimediale con diverse testate di vari temi ben posizionate sul mercato, mi raccontavano la realtà di redazioni variamente strutturate con direttori, capi redattori, capi servizio, inviati e quant’altro e una grossa competizione interna per ottenere questi incarichi.

Peccato che le busta paga di gran parte questi colleghi risultassero da redattori ordinari e qualcuno senza neppure contratto giornalistico. Un po’ come fare la lotteria coi soldi del monopoli. E indovinate chi fosse l’unico direttore responsabile di tutte le testate…

La crisi ha anche avuto il volto e le lacrime di una brava collega free lance di lunga data, esasperata dai pagamenti sempre più lenti, sempre più ridotti, quando non del tutto inevasi che obbligavano lei a sua figlia a una vita sempre più grama e frustrante. Un caso, purtroppo, tra le tante situazioni simili

L’elenco delle vittime di questa crisi sarebbe lungo e variegato, comprendendo persino colleghe e colleghi di altissimo profilo, con firme prestigiose e posizioni invidiabili giunti in gran segreto a denunciare mobbing aziendali, lettere di contestazione o semplici angherie di colleghi e superiori.

E i Cdr? Ci si potrà chiedere. Risposta ricorrente dei colleghi: «Lasciamo perdere il Cdr, quelli fanno solo gli interessi loro e dell’azienda…». Risposta amara, spesso ingiusta e offensiva per chi tutela i lavoratori,  ma forse su questo aspetto sarà bene tornare sopra.

Infine, in netta controtendenza, segnaliamo colleghi che in situazioni aziendali assai difficili hanno avuto la forza e il coraggio di mettere in piedi ex novo Comitati di Redazione e Fiduciari. Aiutarli è stato un vero privilegio.